La OpenAI ha recentemente lanciato Atlas, un nuovo browser web con intelligenza artificiale integrata, e questa novità potrebbe ridefinire il modo in cui utenti e aziende fruiscono di internet. Siamo di fronte a un cambio di paradigma: gli strumenti di AI generativa come ChatGPT stanno già trasformando le abitudini di ricerca online. Basti pensare che, secondo un sondaggio recente, il 77% degli utenti di ChatGPT lo utilizza come un motore di ricerca e quasi uno su quattro ormai si rivolge a ChatGPT per primo quando cerca informazioni, soprattutto tra i più giovani. Inoltre, circa 3 persone su 10 dichiarano di fidarsi più delle risposte fornite dall’AI rispetto a quelle di un motore tradizionale.
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Anche in Italia il trend è evidente. Ad aprile 2025 erano già 13 milioni gli italiani (pari al 28% della popolazione online) ad utilizzare servizi basati su intelligenza artificiale generativa ogni mese. ChatGPT in particolare riscuote enorme successo: quasi il 45% dei giovani 15-24 anni afferma di impiegarlo regolarmente. In poche parole, una fetta sempre più ampia di utenti – specialmente tra le nuove generazioni – sta passando dalle classiche ricerche su Google a interazioni con chatbot AI. Per le aziende italiane, ciò significa che la visibilità online non passa più solo dai motori di ricerca tradizionali, ma anche da queste nuove piattaforme conversazionali.
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Atlas: un browser con AI integrata che sfida la ricerca tradizionale
In questo contesto nasce Atlas, il browser di OpenAI che porta ChatGPT direttamente dentro la navigazione web. Atlas si presenta come un comune browser (attualmente disponibile su macOS, con versioni Windows e mobile in arrivo) ma con funzioni AI avanzate sempre a portata di mano. Una barra laterale consente all’utente di porre domande all’AI riguardo alla pagina che sta visitando, ottenere riassunti o chiedere suggerimenti in tempo reale. In pratica, mentre navighiamo possiamo avere un consulente virtuale sempre pronto ad assisterci. Non solo: Atlas include una Agent Mode, ossia una modalità in cui l’intelligenza artificiale può agire autonomamente nel browser su comando dell’utente. Questo agente AI è in grado di cliccare link, compilare moduli, prenotare appuntamenti o effettuare acquisti online al posto nostro. Immaginiamo di dover cercare un volo: invece di farlo manualmente, potremmo chiedere all’agente di Atlas di trovare le soluzioni migliori e questo non si limiterà a darci consigli, ma potrà navigare sui siti delle compagnie aeree e svolgere per noi le operazioni necessarie. È un salto notevole: l’AI non solo “risponde” alle domande, ma interagisce attivamente col web per nostro conto.
Secondo Sam Altman, CEO di OpenAI, innovazioni di questo tipo capitano forse una volta ogni decennio. Atlas ambisce infatti a rivoluzionare il concetto stesso di browser. Se negli anni 2000 l’introduzione delle schede (tabs) fu l’ultima grande rivoluzione nell’esperienza di navigazione, oggi Atlas prova a scrivere un nuovo capitolo. La differenza chiave risiede nell’esperienza di ricerca: quando l’utente digita una query nella barra di Atlas (ad esempio “migliori ristoranti a Torino”), la prima risposta non è la solita lista di link blu a cui Google ci ha abituati, bensì una risposta ragionata in stile chatbot direttamente fornita da ChatGPT. I risultati tradizionali non scompaiono, ma vengono relegati in schede secondarie: l’utente può sempre cliccare sulle tab “Web”, “Immagini”, “Video” o “News” per vedere i link e i contenuti correlati alla query, ma il focus iniziale è sull’elaborazione AI della richiesta. In un certo senso è un’inversione del modello di Chrome: invece di partire dai link e aggiungere poi l’AI (come fa Google con le sue nuove funzioni), Atlas mette l’AI al centro e offre i link solo come approfondimento. Questo approccio ibrido trasforma la navigazione in qualcosa di più conversazionale e proattivo: l’utente ottiene subito una sintesi intelligente e, solo se necessario, procede a esplorare i siti web suggeriti.
Oltre alla ricerca conversazionale, Atlas introduce altre funzionalità pensate per aumentare la produttività. Ad esempio, offre una “memoria” opzionale del browser: il sistema può ricordare le nostre interazioni e preferenze (in modo simile alla cronologia, ma potenziata dall’AI) per proporci suggerimenti personalizzati. Immaginiamo di aver cercato e visitato vari siti di ricette nelle ultime settimane: Atlas potrebbe ricordarlo e, alla successiva ricerca di idee per cena, suggerirci automaticamente quella pagina che avevamo trovato utile tempo fa. Oppure, notando che ogni mattina apriamo gli stessi tre siti per leggere notizie, l’AI potrebbe proporci di automatizzare questa routine. Naturalmente queste memorie sono sotto il controllo dell’utente (si possono cancellare o disattivare, per garantire la privacy), ma illustrano bene come l’AI integrata possa personalizzare e semplificare la navigazione quotidiana.
OpenAI Atlas: quattro funzionalità chiave illustrate
Pensato per chi desidera navigare in modo più efficiente, Atlas offre strumenti avanzati utili anche agli imprenditori per risparmiare tempo e ottenere informazioni rapide. Di seguito presentiamo quattro delle funzioni più interessanti attraverso esempi simulati.
1. Barra laterale AI attiva (ChatGPT integrato nella pagina)
La barra laterale “Ask ChatGPT” di Atlas è sempre disponibile mentre si naviga: l’AI può riassumere o spiegare il contenuto della pagina web attuale senza doverla lasciare. In questo esempio, l’utente sta visualizzando un prodotto online e chiede a ChatGPT se sarebbe adatto per una maratona; l’assistente AI analizza i dettagli in pagina e fornisce consigli utili in tempo reale. Il risultato è un’esperienza di navigazione più interattiva, senza bisogno di copiare e incollare testi in un’app separata.
2. Modalità Agente (azioni autonome nel browser)
La Modalità Agente di Atlas consente a ChatGPT di eseguire compiti sul web al posto dell’utente, sotto la sua supervisione. Ad esempio, nell’immagine l’utente chiede all’AI di occuparsi degli “essenziali per una giornata al mare con i bambini”: l’agente AI apre il sito e inizia ad aggiungere automaticamente al carrello della spesa online gli articoli necessari (crema solare, snack, accessori, ecc.), confermando ogni passo con l’utente. Questa funzione permette di automatizzare attività come compilare moduli di contatto o prenotazioni, fare acquisti o ricerche complesse, facendo risparmiare tempo prezioso.
3. Risultati di ricerca con risposta AI integrata
Atlas rivoluziona la pagina di ricerca mostrando prima una risposta dettagliata di ChatGPT alla query dell’utente, con sotto una serie di schede (“Web”, “Immagini”, “Video”, “News”) per visualizzare i risultati tradizionali. In pratica, la risposta dell’AI è al centro – ad esempio un riepilogo o consiglio immediato – mentre i classici link blu rimangono accessibili nelle schede dedicate, pronti se l’utente vuole approfondire nelle fonti originali. Questo layout “inverte” il modello di Google: Atlas mette l’AI in primo piano e relega i link in secondo piano, pur offrendo tutti i tipi di risultati in un’unica interfaccia.
4. Memoria personalizzata del browser e suggerimenti intelligenti
Atlas include un sistema opzionale di “browser memories” (memoria del browser) che ricorda le pagine visitate e le ricerche effettuate dall’utente, per offrire suggerimenti contestuali e personalizzati. Ciò significa che il browser può, ad esempio, richiamare automaticamente una pagina che avevate consultato tempo prima e che risulta rilevante per l’attività attuale. Nello screenshot vediamo l’utente chiedere di riaprire alcune schede su decorazioni di Halloween viste la settimana precedente, e ChatGPT recupera immediatamente quei siti dalla memoria e li apre di nuovo. Questa funzione trasforma la cronologia in uno strumento attivo: Atlas può proporre idee, approfondimenti o routine automatizzate basate sulla vostra navigazione passata, il tutto con pieno controllo da parte dell’utente (le memorie possono essere esaminate, archiviate o cancellate in qualsiasi momento).
Atlas vs Copilot, Gemini e Perplexity: la corsa alla ricerca ibrida AI
Atlas non è l’unico progetto che fonde ricerca web e AI, anche se è tra i più ambiziosi. Negli ultimi anni tutti i grandi player tecnologici e diverse startup hanno avviato la corsa all’integrazione tra motori di ricerca e intelligenza artificiale. Microsoft, per esempio, è stata pioniera in questo campo: già a inizio 2023 ha integrato il suo chatbot Bing (ora evoluto in Copilot) nel browser Edge, tramite una barra laterale simile a quella di Atlas. Oggi Microsoft sta spingendo il concetto di AI co-pilota su più fronti: Windows Copilot offre assistenza AI a livello di sistema operativo e Microsoft 365 Copilot aiuta nelle attività d’ufficio. Tutto ruota attorno alla stessa idea di fondo: usare l’AI come assistente personale che affianca l’utente in ogni contesto, dalla navigazione web alla creazione di documenti. L’approccio di OpenAI con Atlas è quindi in parte sovrapponibile a quello di Microsoft (che paradossalmente è anche uno dei maggiori investitori in OpenAI), anche se Atlas ha scelto di appoggiarsi a Google per i risultati di ricerca tradizionali. Infatti, cosa curiosa, quando Atlas mostra le schede “Web/Immagini/News” sta di fatto attingendo all’indice di Google (nei test pubblici compare un link “Results from Google” in cima alle SERP). È una scelta pragmatica: Google resta il gigante incontrastato della ricerca online e offre una copertura ottimale del web. Va notato, però, che questo scenario crea dinamiche inedite – e potenzialmente competitive – tra aziende: Atlas usa i dati di Google, ma al tempo stesso potrebbe sottrarre a Google una quota di utenti abituati a cercare direttamente nella barra di Chrome.
Google, dal canto suo, non sta a guardare. La società di Mountain View ha annunciato un potente modello di intelligenza artificiale denominato Gemini, destinato a superare le capacità dell’attuale Bard, e prevede di integrarlo profondamente nei propri prodotti. Sul browser Chrome, per esempio, è in arrivo un pulsante speciale (soprannominato “sparkle”) che attiverà il chatbot Gemini direttamente durante la navigazione. Inoltre Google sta già sperimentando la Search Generative Experience (SGE): si tratta di una nuova versione di Google Search arricchita da risposte generative AI in cima ai risultati. In pratica, per alcune query, Google mostra un riquadro con un riassunto elaborato dall’AI e una lista di fonti, riducendo la necessità di cliccare su singoli link. Questa mossa strategica mira a contrastare la minaccia di strumenti come ChatGPT offrendo il “meglio dei due mondi” dentro Google stesso. Per ora SGE è in fase di test (negli Stati Uniti e in pochi altri mercati), ma indica chiaramente la direzione: ibridare l’intelligenza artificiale con la ricerca tradizionale. Del resto, Chrome detiene ancora quasi il 64% del mercato browser mondiale – posizione dominante che Google intende difendere integrando sempre più AI nelle sue piattaforme.
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Accanto ai colossi, emergono anche startup innovative. Una delle più note è Perplexity AI, che nel 2025 ha lanciato Comet, un browser AI-first molto simile a Atlas (gratuito e disponibile per tutti). Comet, analogamente, mette una chat AI al centro dell’esperienza e può eseguire compiti autonomi online. Altri browser tradizionali come Opera e Brave hanno introdotto funzioni AI (ad esempio, Opera integra “Aria”, un assistente basato su GPT, e Brave offre riepiloghi generati da AI per le pagine web). Insomma, si sta combattendo una vera e propria “guerra dei browser AI”: da un lato i big (OpenAI, Google, Microsoft) e dall’altro nuovi attori agili, tutti con l’obiettivo di catturare gli utenti offrendo un modo più intelligente e veloce di navigare. Per le aziende, questa evoluzione comporta un messaggio chiaro: i canali attraverso cui un cliente può scoprire il vostro brand si stanno moltiplicando (e non seguono più solo il modello del motore di ricerca classico). Diventa fondamentale comprenderli e adattare di conseguenza le proprie strategie digitali.
Impatto sulla visibilità online: SEO e AI generativa
Quali sono le implicazioni di Atlas e dei browser AI sulla visibilità online di un’azienda? La disciplina del Search Engine Optimization (SEO) deve necessariamente evolvere di fronte a questi cambiamenti. In primo luogo, c’è il tema del traffico. Se gli utenti trovano risposte immediate via chatbot, potrebbe diminuire il flusso di visite verso i siti web tradizionali. Alcuni segnali in questo senso già si vedono: secondo un’analisi di Semrush, nel primo anno dall’uscita di ChatGPT il traffico globale di Google è calato di circa l’8%. Allo stesso tempo, le visite ai principali chatbot AI sono esplose: tra aprile 2024 e marzo 2025 i vari ChatGPT, Bard & co. hanno totalizzato 55 miliardi di visite, in crescita di oltre l’80% rispetto ai dodici mesi precedenti. Tuttavia, va messo in prospettiva che il volume di traffico dei motori di ricerca resta immensamente superiore: nello stesso periodo Google & soci hanno generato circa 1.860 miliardi di visite, cioè 34 volte più dei chatbot. In sintesi, l’ascesa dell’AI nella ricerca è concreta ma non ha ancora soppiantato il search tradizionale – uno scenario ibrido in cui coesisteranno sia gli utenti che cercano il sito aziendale su Google, sia quelli che chiederanno direttamente al loro assistente AI.
Se vuoi approfondire ecco le fonti dei dati: semrush.com,
Le aziende più lungimiranti si stanno già muovendo per affrontare questa nuova realtà. Nasce l’idea della “Generative Engine Optimization (GEO)”, evoluzione della SEO pensata per i motori di risposta AI. In pratica significa ottimizzare i propri contenuti affinché vengano compresi e scelti dalle intelligenze artificiali generative quando formulano le loro risposte. Non a caso, diverse ricerche di mercato indicano che il settore dei servizi di ottimizzazione per l’AI è in forte espansione: il giro d’affari legato alla GEO viene stimato in quasi 850 milioni di dollari nel 2025. Anche lato marketing c’è fermento: in un sondaggio Adobe, ben 47% dei marketer ha dichiarato di usare già ChatGPT o strumenti simili per promuovere il business, e due su tre pianificano di aumentare l’investimento sulla visibilità nei canali AI nel prossimo anno. Oltre il 75% ritiene essenziale che il proprio brand appaia tra le risposte di ChatGPT nel 2025. Questi dati spiegano perché colossi come Walmart abbiano stretto partnership con OpenAI per vendere prodotti direttamente via chatbot, e perché nascono come funghi agenzie specializzate nella SEO per l’AI.
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Un altro aspetto critico riguarda il tipo di contenuti che emergono nelle risposte generative rispetto ai risultati di ricerca classici. Gli algoritmi dei motori di ricerca tradizionali (Google in primis) tendevano a favorire contenuti ricchi di testo, approfonditi e ottimizzati per determinate parole chiave – anche a costo di qualche prolissità. (Chi non ha mai scrollato una ricetta online dovendo prima sorbirsi un lungo racconto autobiografico?!) Gli AI chatbot, invece, mostrano preferenze diverse: tendono a premiare informazioni presentate in forma semplice e strutturata, ad esempio elenchi puntati, schede FAQ, tabelle riassuntive. Contenuti concisi, schematici e direttamente al punto risultano più facili da estrarre e rielaborare accuratamente da un modello linguistico, rispetto a testi lunghi e discorsivi. Inoltre, c’è evidenza che le fonti utilizzate dall’AI spesso non coincidono con quelle che dominano su Google. Uno studio condotto da un’agenzia specializzata (Brandlight) ha rilevato che un tempo c’era circa un 70% di sovrapposizione tra i primi risultati organici di Google e le fonti citate dagli strumenti AI, mentre oggi questa correlazione è crollata sotto il 20%. In altre parole, ciò che funziona per posizionarsi su Google potrebbe non bastare per emergere nelle risposte di ChatGPT o Atlas. Ad esempio, un blog post pieno di dettagli superflui potrebbe perdere terreno a favore di una pagina FAQ ben strutturata che risponde a cento domande specifiche. Allo stesso modo, le query poste agli assistenti AI sono spesso molto più mirate: difficilmente un utente chiederà al chatbot “La mia azienda è affidabile?” in modo generico; più probabilmente domanderà “Il prodotto X del marchio Y dura più del prodotto Z del marchio W?”. Di conseguenza, i brand devono iniziare a fornire contenuti estremamente mirati e granulari, capaci di soddisfare questi quesiti puntuali posti alle intelligenze artificiali.
Se vuoi approfondire ecco le fonti dei dati: wired.com
Come prepararsi: strategie SEO per le aziende nell’era delle risposte AI
Alla luce di tutto ciò, quali azioni concrete possono intraprendere le aziende italiane per mantenere (e accrescere) la propria visibilità online nel nuovo scenario dominato da Atlas, ChatGPT & co.? Ecco alcuni suggerimenti pratici in ottica SEO e GEO:
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Ottimizza i contenuti per l’AI generativa: Oltre alla classica ottimizzazione SEO, inizia a pensare a come i tuoi contenuti possono essere letti e utilizzati da un’intelligenza artificiale. Prediligi formati chiari e strutturati. Ad esempio, crea sezioni FAQ sul tuo sito che rispondano in modo diretto alle domande frequenti dei clienti, elenchi puntati che riepiloghino i vantaggi dei tuoi prodotti, schede tecniche con dati ben organizzati. Questi elementi aumentano le chance che l’AI “peschi” le tue informazioni per comporre la sua risposta. Ricorda: un contenuto = una risposta. Se un utente chiede al chatbot “Come risolvere il problema X?”, avere un articolo intitolato “Come risolvere il problema X in 5 passi” sul tuo sito aumenta la probabilità di essere citati. In sintesi, anticipa le domande specifiche che potrebbero essere rivolte all’AI e assicurati di aver già pubblicato la risposta sul tuo sito.
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Struttura il tuo sito per essere “comprensibile” agli agenti AI: Gli AI agent come Atlas non leggono le pagine web come farebbe un umano, ma analizzano il codice e i dati strutturati. È quindi cruciale curare gli aspetti tecnici che rendono un sito facilmente interpretabile dalle macchine. In pratica, attieniti ai migliori standard di accessibilità e markup semantico: utilizza titoli HTML ben gerarchizzati, testi alternativi per le immagini, schema markup per definire elementi chiave (recensioni, prodotti, indirizzi, etc.) e, se il tuo sito offre funzionalità interattive (form, pulsanti, e-commerce), assicurati che siano corredate da etichette ARIA chiare. Oltre a migliorare l’esperienza per gli utenti con disabilità (cosa già di per sé fondamentale), questi accorgimenti permetteranno anche agli agenti AI di “capire” e usare meglio il tuo sito. Un esempio concreto: se Atlas in modalità agente atterra sul tuo e-commerce per comprare un prodotto a nome dell’utente, riuscirà a farlo solo se i bottoni “Aggiungi al carrello” o i campi di pagamento sono etichettati correttamente nel codice. SEO e accessibilità vanno ora a braccetto più che mai.
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Mantieni l’autorevolezza e cura la presenza del brand: In un mondo in cui le AI fungono da filtro conoscitivo, essere riconosciuti come fonte affidabile diventa fondamentale. Proprio come puntavi a diventare authoritative per Google (magari conquistando backlink e citazioni), ora devi pensare a come risultare autorevole agli occhi (virtuali) dell’AI. Come fare? Prima di tutto, continua a produrre contenuti di qualità: dati originali, case study, guide approfondite – tutto ciò che può farti citare come fonte attendibile. Secondo, presidia le piattaforme dove l’AI attinge informazioni: ad esempio, assicurati che Wikipedia menzioni accuratamente la tua azienda (molti modelli AI usano anche fonti enciclopediche), arricchisci il tuo Google Business Profile e altri database con informazioni aggiornate (orari, indirizzi, servizi) poiché queste vengono utilizzate nelle risposte localizzate, e incentiva recensioni verificate dei clienti (le AI le considerano nelle loro sintesi). In poche parole, coltiva l’ecosistema digitale attorno al tuo brand: più il tuo marchio e i tuoi contenuti compaiono in contesti di qualità, più le AI tenderanno a includerli nelle loro risposte.
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Sfrutta nuovi canali e integra l’AI nella tua strategia: Prepararsi alla ricerca generativa significa anche sperimentare attivamente con queste tecnologie. Ad esempio, prova tu stesso a usare Bing Chat, Google Bard o Perplexity per ricerche legate al tuo settore: quali risposte vengono date? Il tuo brand è menzionato? Questo ti darà indicazioni su come e dove migliorare. Inoltre, tieni d’occhio le opportunità di integrazione diretta con le piattaforme AI. Alcune aziende pionieristiche consentono già agli utenti di compiere azioni via chatbot (come ordinare cibo, prenotare un hotel o acquistare prodotti). Se operi in settori B2C, informati su eventuali programmi o API che ti permettano di collegare i tuoi servizi a questi nuovi canali di distribuzione. Un caso emblematico è quello citato prima: la partnership tra OpenAI e Walmart che consente di fare shopping direttamente da ChatGPT. Potrebbe sembrare futuristico, ma scenari simili diventeranno presto comuni. Farti trovare pronto, magari con un progetto pilota, può darti un vantaggio competitivo significativo.
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Continua a monitorare e adattare la tua strategia SEO: Il panorama della ricerca online sta vivendo un’evoluzione rapidissima. Ciò che vale oggi potrebbe cambiare tra sei mesi con l’uscita di un nuovo aggiornamento AI. È importante quindi non adottare una mentalità statica. Monitora l’andamento del traffico dal search tradizionale e dai nuovi strumenti AI (diversi analytics iniziano a tracciare le origini di traffico da chatbot o assistenti virtuali). Analizza quali contenuti del tuo sito vengono più spesso richiamati dalle AI – ad esempio, se noti che Bing Chat cita spesso un tuo articolo, hai trovato un punto di forza su cui insistere. Al contrario, se perdi posizioni su Google a causa degli “AI snippets” che forniscono la risposta direttamente in SERP, dovrai pensare a come rendere il tuo contenuto più utile di quella sintesi (magari offrendo approfondimenti che l’AI non dà). In pratica, la SEO nel 2025+ richiede di muoversi su due binari: continuare a ottimizzare per i motori di ricerca classici (che restano cruciali, specialmente per le query transazionali e navigazionali dove gli utenti vogliono confrontare opzioni) e adottare tecniche nuove per la visibilità nelle risposte AI (cruciali per le query informative, conversazionali e creative). Sarà un equilibrio delicato da mantenere, ma ignorare uno dei due fronti significherebbe perdere opportunità di contatto con una fetta di pubblico.
Infine, non affrontare questo cambiamento da solo. Così come ci si rivolge a specialisti per la SEO tradizionale, oggi è saggio affidarsi a partner esperti anche in AI generativa. Da questo mix nasce il vero valore: capire come far sì che la propria azienda sia visibile sia nei risultati dei motori di ricerca che nelle risposte fornite dalle intelligenze artificiali. In SEO BUSINESS, ad esempio, stiamo già aiutando molte aziende a navigare questa transizione: aggiorniamo le strategie di contenuto, implementiamo le migliori pratiche tecniche e forniamo consulenza su misura per posizionare il brand dei nostri clienti anche nel nuovo ecosistema di ricerca generativa. La chiave è anticipare il futuro invece di inseguirlo: chi per primo adatterà il proprio marketing digitale a strumenti come Atlas avrà un vantaggio competitivo enorme nel conquistare l’attenzione (e la fiducia) dei consumatori di domani. La ricerca online sta cambiando volto, ma con i giusti alleati e una visione chiara questo cambiamento può tradursi in nuove opportunità di crescita per il tuo business. Siete pronti a coglierle?









